SEGNI DEL CIELO E DELLA TERRA2
“Bioenergie, megalitismo ed archeoastronomia :
quali scenari nel nuovo millennio?”
Villa Sant’Antonio (OR) 19 e 20 agosto 2000
SEGNI DEL CIELO E DELLA TERRA2
“Bioenergie, megalitismo ed archeoastronomia :
quali scenari nel nuovo millennio?”
Villa Sant’Antonio (OR)
19 e 20 agosto 2000
NUOVE ENERGIE E ANTICHI SAPERI
Lello Fadda
In questi ultimi decenni gran parte dell’umanità sta prendendo coscienza degli errori fatti nel passato e sta partecipando attivamente alla costruzione di un modo nuovo di vedere e di intendere la realtà che la circonda. Un cambiamento radicale e repentino della società umana è improbabile che avvenga in un breve lasso di tempo. Ci vorrà ancora un po’, perché il valore che diamo alla nostra esistenza acquisti un risultato diverso. Tuttavia in questi ultimi anni, nell’uomo sta riemergendo sempre più forte il bisogno di ritrovare il posto privilegiato di essere cosciente.
Come ci insegna l’astronomia, un’era volge alla fine e una nuova si avvicina. All’era di Cristo il sole è entrato nel segno dei Pesci, ed ora a duemila anni di distanza sta entrando in quella dell’Acquario. I duemila anni dell’era dei Pesci, si sono conclusi lasciando una pesante eredità: come il deterioramento dell’ambiente e grandi opposizioni politiche e religiose tra i popoli. Tutto può essere sanato solo da un ribaltamento interiore che porterà con sé anche quello esteriore, un ribaltamento che non dovrà essere imposto dall’alto ma che dovrà cominciare dal singolo, riportando nuovamente lo spirito al centro dell’esperienza del mondo, senza per questo dover rinunciare ai canoni dell’esperienza scientifica.
Le nuove energie sono le “energie spirituali”. Con questa espressione si possono indicare le nuove modalità di comprensione del mondo religioso che si coniuga sempre più col mondo fisico, scoprendo che religione e scienza possono non essere lontane ma possono incontrarsi, o meglio, incrociarsi nella stessa esperienza del mondo. La novità sta nel fatto che la scienza accondiscende di impiegare, la realtà visibile e invisibile, mettendo di nuovo in sintonia quell’unità del creato che sembrava essere smarrita per sempre, considerato il fatto che la scienza se ne appropriava in modo non accessibile alla religione e che la religione ne proponeva una versione che non aveva attinenza con il mondo scientifico.
Esiste un intreccio nuovo (contemporaneo) tra religiosità e scienza, tra mondo fisico e mondo soprannaturale, realtà visibile e realtà invisibile. Il soprannaturale era mediato solo da una fede che non creava un vero passaggio tra i due mondi, attraverso un rapporto di contiguità e di vicinanza. Questo ha provocato una frattura e una lontananza dal sacro. Se il sacro fosse lontano dall’uomo, sarebbe inutile parlarne; considerarlo tanto oltre l’umano, è stato forse l’errore degli ultimi decenni.
Ora si ritorna ad una maggiore congiunzione dei mondi, si nota una maggiore capacità di far intervenire la fede anche nella vita concreta. Ma non tutto il mondo della nuova religiosità cammina in modo positivo. Ci sono delle nuove ambiguità come il concetto stesso del divino, di persona, di storia è il proporre una fuga dal mondo. Bisogna suggerire una conciliazione tra materia e spirito, tra anima e corpo che sia in grado di unire meglio quella realtà totale che è l’uomo vedendo tutto sotto una prospettiva “olistica”, dove tutto è in connessione con tutto.
Possiamo trasformare la realtà, crearne un migliore, e arrivare alla trasformazione alchemica degli elementi energetici che compongono l’essere umano. Questa tesi, che può essere considerata sconvolgente, era nei principi di base della visione religiosa orientale, che da sempre aveva suggerito questa possibilità di guardare al reale con uno sguardo operativo, trasformante la realtà stessa. Ma non è necessario ricorrere agli idealisti di certe scuole buddiste. Basta solo cogliere alcuni insegnamenti concreti del mondo Tantrico dove i suoni, i colori, le energie sono in grado di comunicare una realtà diversa da quella colta solo con il pensiero razionale. Il sacro è una scoperta, è rapporto reale e stupefacente con l’esistenza. Il divino va visto come esterno, ma esso opera nel cuore e nella vita dell’individuo.
Nel lontano passato, l’uomo aveva profonde conoscenze scientifiche. Le condizioni tecnologiche del passato, sono sempre state sottovalutate. La Nostra civiltà è una congiura (v. Powels e Bergier). Un numero enorme di piccole divinità, il cui potere deriva dal nostro consenso a non contestarle, allontanano i nostri sguardi dal volo fantastico della realtà. La congiura viene adoperata per non farci riconoscere l’esistenza di un altro mondo entro quello che abitiamo, di un altro mondo entro quello che siamo. Alla luce delle ultime interpretazioni di antiche scritture e di recenti ritrovamenti, il primo grande capitolo della storia del mondo appare mutato. La civiltà è più vecchia di quanto si creda. Genti vissute in un lontano passato avevano nozioni scientifiche più precise di quelle possedute dai popoli vissuti molto più tardi. Nel corso della storia il sapere ha avuto momenti di splendore e di eclissi totali. Solo dopo il Medioevo lo studio delle fonti classiche ha portato a riscoprire parte delle verità che già erano note in Egitto, Babilonia etc.
NOZIONI TECNOLOGICHE, SCIENTIFICHE E RISCOPERTE
NOZIONI TECNOLOGICHE, SCIENTIFICHE E RISCOPERTE
Lello Fadda
L’antico testo Indiano Surya Siddhanta afferma che la terra è un “Globo nello spazio”. Chi-Po (2600 a.C.) dice “la terra galleggia nello spazio”; solo 400 anni fa Galileo fu condannato dalle autorità ecclesiastiche per aver insegnato lo stesso concetto.
Diogene di Apollonia (II sec. a.C.) affermò che le meteore “si muovono nello spazio e spesso cadono sulla terra”. Nel 700 Savoisier disse “è impossibile che le pietre cadono dal cielo perchè non ci sono pietre nel cielo !”
STORIA DELLE CARTE IMPOSSIBILI
STORIA DELLE CARTE IMPOSSIBILI
Lello Fadda
Non si deve dimenticare che all’epoca di Colombo si credeva che la terra fosse piatta.
Il famoso cartografo Turco Piri Reis, compilò un atlante nel quale sono contenute complessivamente 210 carte disegnate con precisione. Nelle due datate 1513 e 1528 oggi conservate nel museo nazionale di Ankara, vi sono chiaramente indicate l’Antartide e alcuni fiumi dell’America Meridionale, allora inesplorati. Non possono essere spiegate sulla base di rilievi dell’epoca. In quelle del 1513 sono rappresentate la Gran Bretagna, Spagna, Africa occidentale, Atlantico, parte del Nord America, ed è disegnato con precisione il contorno dell’antartide.
La carta è lacerata, ma pare che in origine esistevano anche le sezioni relative all’oceano indiano, forse l’Australia e l’Asia. La II carta completa la I e sembra far parte di un vero e proprio planisfero.
Sono identificabili la Groenlandia il Labrador e Terranova, una parte del Canada e tutta la costa Orientale dell’America (le distanze tra Europa, Asia e Africa sono risultate assai prossime ai valori reali).
E’ noto che fino a tutto il ‘700 i navigatori ebbero grandi difficoltà nello stabilire con esattezza la latitudine. Piri Reis raccontava di averle avute nel 1501 da un marinaio catturato dopo una battaglia e che avrebbe partecipato alle tre spedizioni di Colombo. Questo marinaio gli disse che “esisteva un libro dell’epoca di Alessandro Magno e che dopo aver letto questo libro Colombo era partito”, le stesse usate da Colombo con origine in Grecia Alessandrina.
I dati sono molto precisi. Per esempio quelli del continente Antartico rappresentato privo di Ghiacci, con il contorno che solo oggi, con apparecchiature speciali, è possibile rilevare sotto la coltre gelata.
Anche un’altra carta, di Antonio Zeno (1330-1403) datata 1380 rappresenta la Groenlandia senza lo strato di ghiaccio, rilievo fatto quando la Groenlandia godeva di un clima temperato.
FAVOLE
Lello Fadda
E’ stato calcolato che molto meno del 10% dei documenti dell’antichità è giunto fino a noi.
Quando si considerino le difficoltà di conservare tali documenti e le vicissitudini attraverso le quali hanno dovuto passare, ci si deve meravigliare del fatto che siano stati tramandati anche quei pochi di cui siamo in possesso.
Gran parte della letteratura antica che sarebbe potuta giungere fino a noi, è stata distrutta dal fuoco, intenzionalmente o per caso. Gli antichi documenti venivano distrutti non soltanto negli incendi dei conquistatori: molti di essi furono intenzionalmente fatti scomparire dai primi cristiani spinti da un eccesso di zelo, e spesso esortati espressamente dai vescovi.
Considerando il fatto che disponiamo di così rare nozioni di scienza antica su cui poter studiare, continuiamo a intravedere qualcosa di misterioso e inesplicabile, ricorrente nelle nozioni scientifiche del passato che possediamo.
Una parte delle conoscenze venne acquisita o ereditata nei periodi più remoti e fu tramandata, spesso sotto forma di leggenda, riapparendo più volte nei luoghi e nei modi più inaspettati.
BIBLIOTECHE DISTRUTTE
BIBLIOTECHE DISTRUTTE
Lello Fadda
I racconti tramandati oralmente risalgono all’epoca in cui non c’era ancora una distinzione netta tra il ragionamento analitico, l’intuizione e la vita emotiva. La forma primitiva del racconto, chiamata oggi favola, nel periodo arcaico dell’umanità serviva esclusivamente alla trasmissione di conoscenze, e costituiva una specie di enciclopedia arcaica sulla natura, sull’al di là e sulla propria storia.
Gli uomini che raccontavano le favole forse erano associati a corporazioni di narratori riconosciuti. Nessun altro aveva il diritto di raccontarle. La loro ripetizione era un atto culturale. L’arte e il mestiere del racconto si tramandavano di generazione in generazione. La conoscenza ha le sue leggi che richiedono la promessa di non trascrivere alcuna parola (favola). La narrazione delle favole è l’arte degli analfabeti, l’arte di coloro che conservano, vive le cose dentro di se.
I narratori di miti e di fiabe non hanno mai avuto dimestichezza con la cronologia. Avvenimenti successivi in antichi disegni vengono raffigurati uno accanto all’altro, così vengono proiettati nello stesso periodo avvenimenti che dimostrano certe analogie, anche se il luogo e il tempo divergono. Molte favole ci parlano di conoscenze scientifiche che corrispondono a quelle di oggi.
LIBRI SACRI
LIBRI SACRI
Lello Fadda
Il Mahabharata è un’opera monumentale che si pone alla base della cultura induista. E’ il libro nazionale e religioso per eccellenza del mondo indiano (circa 100.000 strofe, 8 volte l’Iliade e l’Odissea messe insieme. Un ignoto autore avrebbe rielaborato un già esistente Barata, che per alcuni dovrebbe essere ascritto al 7000 a.C. Pone in risalto il ponte tra terra e cielo, tra uomini ed esseri di altri mondi, gli Dei. Questi ultimi appaiono muniti di mezzi a dir poco fantascientifici. Vi appaiono armi terribili e misteriose, mezzi volanti, saette inesauribili (laser?).
LE STANZE DI DZIAN
LE STANZE DI DZIAN
Lello Fadda
Non si conosce l’origine, inaccessibile e gelosamente custodito in una Lamaseria (fortezza del Tibet), secondo E. Blavaski, sarebbe dotato di poteri magnetici rivelatori.
Molte pagine sono a sfondo nero con numerosi simboli, ognuno dei quali indica una interpretazione in chiave esoterica. Il testo è diviso in due parti: la 1°: Evoluzione Cosmica è composta da sette stanze e 53 Shloka, che sono dei capoversi; la 2° parte: Antropogenesi, è composta da 12 stanze e 49 Shloka. Molte frasi e parole restano incomprensibili e, forse rimarranno un mistero.
Il libro ha svelato la data del Big Bang migliaia di anni prima del radiotelescopio di Jodrell Bank. Nella stanza 7° Shloka 7, si legge: “Allora i costruttori, indossate le loro prime vestimenta, discendono sulla terra e regnano sugli uomini, che sono loro stessi”.
Le letterature e le mitologie degli antichi popoli possono aiutarci a conoscere gli innumerevoli misteri ancora nascosti. Forse dobbiamo solo imparare a “leggere” in modo nuovo, non convenzionale nel libro dell’evoluzione. Quando si saranno decifrate molte scritture perdute, quando avremo analizzato i miti con uno spirito non orgoglioso, allora si sarà finalmente identificata la vera umanità nella storia umana.
Ma non basta decifrare le tradizioni “fissate” con segni grafici e di interpretare le leggende e i miti. Bisogna andare oltre cercando di far affiorare dal subcosciente i ricordi reconditi di esperienze primordiali, comuni a tutta l’umanità.
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
Lello Fadda
Perché non fantasticare che nel corso di centinaia di migliaia di anni l’intelligenza umana abbia potuto conoscere diversi apogei?
Ammettiamo l’esistenza di una civiltà primaria, quando la terra non aveva inclinato il suo asse di 32° rispetto al piano dell’orbita, quando i poli non erano nello stesso punto degli attuali e la rotazione avveniva in senso inverso (10.000 anni fa).
Una civiltà dalle altissime conoscenze tecnologiche, e una tale civiltà si sia estesa a tutta la terra, prima di essere annientata.
Una civiltà che sapeva rievocare centri di attività magnetica, che conosceva l’esistenza delle energie telluriche e le sfruttava a fini materiali e spirituali.
Una civiltà che erigeva immensi monumenti astronomici in luoghi segreti opportunamente scelti e noti solo agli adepti, dove si creava la “Religio Loci”, per lo più trasmessa oralmente.
Era l’era del sogno, quando gli Dei insegnavano agli uomini come scoprire le forze della natura.
E’ possibile che sia avvenuto qualcosa, un disastro di proporzioni gigantesche di origine naturale che abbia distrutto un sistema, che abbia provocato un cambiamento dell’integrità delle condizioni del pianeta.
Tutte le leggende e le tradizioni parlano di una “caduta” spesso intesa come punizione (che però consente all’uomo una riconquista della natura). Se ammettessimo gruppi di sopravvissuti al cataclisma, tentativi di elevazione fra genti barbare, molte contraddizioni non ci sembrerebbero più tali, come il sorgere improvviso di grandi civiltà, e i “salti” avvenuti nella storia dell’umanità. Qualche cosa esiste nell’inconscio degli individui, una specie di ricordo del lontano passato, di poteri smarriti.
Da queste reminescenze ancestrali nascono i miti e le leggende che sono i documenti dell’archeostoria, la storia che non fu scritta, ma non lasciò molte tracce visibili. Questi fenomeni possono essere ripetuti un numero indeterminabile di volte nei quattro miliardi e mezzo di anni di vita della terra.
Forse ci sono stati contatti con l’esterno che hanno avuto effetti determinanti? La discussione sugli extraterrestri è aperta da secoli, anche se ora trova un inquadramento che sembra più razionale. La vita umana ha avuto origine sulla terra o vi è giunta dall’esterno?
E’ ormai un fatto accettato che alle origini della magia, delle cerimonie ritualistiche, di molte religioni etc. sta un ceppo comune di conoscenze, quelle che potremmo definire la scienza totale.
Questa è andata perduta, l’uomo sta cercando di riavvicinarsi percorrendo strade (talvolta contorte dai preconcetti o dalle superstizioni) ma sempre diretta alla stessa meta: la conoscenza totale dell’essere e del divenire.
L’esperienza del Caprione (Lerici-Liguria orientale).
Dr. Davide Gori Dr. Enrico Calzolari
Il presente studio è stato effettuato dal Prof. Enrico Calzolari e dal Dr. Davide Gori, soci dell’ALSSA (Associazione Ligure Sviluppo Studi Archeoastronomici): questa società, nata nel 1995, si propone di studiare attraverso un’approccio olistico, la complessa materia dell’archeoastronomia e del megalitismo (nel senso letterale di grandi pietre). I nostri studi sono stati focalizzati sul promontorio del Caprione (Fig. 1), l’ultimo della Liguria orientale a fronte delle Alpi Apuane: esso si trova in Lunigiana, dove sono state rinvenute le famose Statue Stele (Eneolitico – età del Ferro) e la Stele di Lerici (VI sec. A.C.) (Figura 1)
Ciò che conferiva la valenza sacra al promontorio erano le innumerevoli sorgenti d’acqua che in esso scaturivano e che determinavano torrenti, cascate, acquiferi aperti.
Le analisi geologiche hanno messo in evidenza una grande quantità di forme carsiche riconducibili all’emergenza di moltissime sorgenti.
L’ipotesi di una notevole abbondanza d’acqua sorgiva è stata avvalorata da vari studi sul paleoclima che mostrano come la temperatura superficiale delle acque del Mar Tirreno fosse, fra il 6000 a.C. ed il 2500 a.C. (data calibrata) di 2° – 3° C più bassa rispetto al precedente periodo (8000 a.C.- 6000 a.C.) determinando così un ciclo d’estati più fresche e più umide caratterizzate da abbondanti precipitazioni; dobbiamo anche ricordare che questo fenomeno è stato fortemente amplificato dal low standing marino che stava colmandosi dopo l’ultima glaciazione (siamo circa nel 5000 a.C.)
Se si considera la grande importanza che l’acqua aveva per l’uomo preistorico si può ben comprendere come il promontorio sia legato al toponimo kaprum, espresso nella lingua osco-umbra, relativo al sacrificio del capro espiatorio.
Nell’ Alta Valle del Magra si rinvengono due toponimi in Caprio (Caprio de d’là – Caprio de d’qua) appaiati ed opposti, nella Media Valle si rinvengono i due toponimi Capria e Caprigliola, entrambi opposti ed appaiati, nella Bassa Valle si rinviene il toponimo Caprione e di fronte ad esso i due toponimi Caprignano e Caprognano.
Ci troviamo di fronte ad una situazione di “geografia sacra” che ha lasciato la propria impronta nel territorio attraverso la toponomastica.
Il permanere di una memoria storica simile, in punti così lontani, è spiegabile non solo con un’identica tradizione di offerte sacre, legate al termine osco-umbro kaprum, che permane nella lingua latina e nella lingua italiana, ma anche con il sovrapporsi ad esso del nome della divinità osco-umbra Cupra, corrispondente alla Grande Madre dei Latini, e con la presenza della divinità latina Giunione Caprotina, che certamente i Romani riconoscevano anche come divinità dei Liguri.
Infatti, il Censore M.Emilio fece erigere a Roma, dal Senato, un tempio a Diana ed uno a Giunone, avendone fatto voto, durante la guerra contro i Liguri, per non inimicarsene le due divinità protettrici (Tito Livio, Libro XL, LII).
I siti megalitici sono stati scoperti grazie a segnalazioni e con l’ausilio della ricerca toponomastica o comunque con relitti di tradizioni: sono stati così individuati anche toponimi e siti romani, gotici e longobardi. Nei vari siti megalitici sono state riscontrate “valenze archeoastronomiche” ed inoltre posizionando su carta topografica i vari siti è stato ottenuto il disegno della Costellazione Cassiopea
Figura 2
Canaa Granda
Il sito mostra nel toponimo la propria natura di luogo ricco d’acqua; esso è caratterizzato dalla presenza di un megalite cilindrico, in Dolomia, con sette coppelle sulla propria sommità, con quella centrale più grande.
Le microforme carsiche presenti nell’area farebbero, ad una prima analisi, pensare ad un’origine naturale delle “coppelle”, ma la straordinaria simmetricità circolare del sistema, non riscontrata in altre rocce affioranti nell’area, fa invece propendere per una forma mista “naturale-antropica”.
Figura 3
Questo non è un caso isolato nell’area spezzina poichè anche la pietra-altare del Persico
(etimologia osco-umbra da persklum = pietra altare) di Campiglia appare incisa con un cerchio di coppelle così come la pietra fallica del sito di Canaa Granda; nel Persico le coppelle sono nove, sempre con la coppella centrale più grande.
Ciò è spiegabile con la più ampia superficie offerta dalla pietra altare. L’impianto semantico è però identico, essendo la coppella il contenitore dell’acqua sacra della Dea Madre, dispensatrice della vita, ed essendo il cerchio il segno propagatore dell’energia concentrata della Dea (Gimbutas M., 1990);
Nei Monti Branzi (etimologia celtica da bram = pietra fallica) in una tenuta sita nella grande dolina di Campo de Già si rinviene un’area sacra con una grande ara (Fig. 4): essa è costituita da una pietra a forma di rudimentale losanga, spezzata in tre parti, che è posta sopra una base alta circa cm 80, cava all’interno a forma di cilindro, portante due fori simmetrici, passanti interno-esterno, posti ad un’angolazione di circa 100. La struttura appare enigmatica, sia per quanto concerne la sua funzionalità, sia per quanto attiene la propria provenienza. Le analisi geologiche hanno fatto emergere come la Base e la Tavola siano costituite da rocce diverse, ma la cosa interessante è che la Tavola dell’ara, una dolomia molto luminescente, possiede caratteristiche non riscontrate in alcun affioramento presente sul promontorio e quindi sembra di provenienza extra-Caprione;
Figura 4
Cattafossi
Questo sito (etimologia dalla voce italica catzum = pietra fallica) è aperto sul crinale delle Alpi Apuane, dalle quali il sole sorge agli equinozi ed al solstizio d’inverno;
esso si trova su un “luogo alto”, cioè un luogo di sacralità liturgica. Il sito è posto su un’altura ed è circoscritto da un perimetro di muratura a secco assai primitiva; sono individuabili nel perimetro due probabili accessi, il primo, in basso, lato nord, caratterizzato da una rampa e l’altro, sempre dallo stesso lato, ma posto ad una quota superiore.
Figura 5
L’area nel suo interno è gradonata e presenta tratti di muraglie trasversali che sembrano delimitare zone destinate ad attività specifiche. All’interno si notano due costruzioni a forma di cobhan (luogo chiuso rotondo secondo l’etimologia celtica – Fig. 5), nonché due pietre a sella, una di tipologia “sella-semplice” ed una di tipologia “sella con seggio vulviforme-passante”;
Questo sito(etimologia dalla voce celtica cumba = valle chiusa da monti, con una sola uscita) si trova nelle vicinanze dello splendido borgo marinaro di Tellaro (da Tellus + ara= l’ara della dea Tèllus, la Madre Terra). Nell’area studiata troviamo due grotte naturali in parte modificate dall’uomo ed una pietra sacrificale (?) quasi sicuramente naturale. Dall’interno della grotta superiore si può osservare il tramonto del sole al solstizio d’inverno (az. 236°);
Figura 6
San Lorenzo
La perfezione dell’etno-archeoastronomia nel Caprione si ha nel sito di San Lorenzo, ove è stato rinvenuto un circolo di pietre dove troviamo una pietra piatta interpretata come altare ed un Quadrilithon intendendosi con questo termine, di nuova coniazione, una struttura derivante dal completamento di un Trilithon.
Figura 7
Al tramonto del solstizio estivo la luce del sole penetra attraverso l’apertura del Quadrilithon (data l’ampiezza dell’apertura del foro, il fenomeno luminoso si manifesta per circa 20 giorni prima e 20 giorni dopo l’evento solstiziale) generando così su una pietra fallica opposta al foro, l’immagine di una “farfalla dorata” ( il fenomeno appare dalle 20:15 alle 20:45, ora legale estiva).
Figura 8
Nel villaggio neolitico diPasso di Corvo (Foggia) è stata scoperta una statuetta di terracotta (cm 6,5 x 2) datata 5 300 +/- 200 a.C. che rappresenta una figura
femminile con gli occhi socchiusi, come in stato di coscienza alterato.
Sul capo porta un berretto che sembra di derivazione caucasica, porta al collo una collana. Sotto entrambi i seni porta incisi il simbolo della costellazione Cassiopea ed il simbolo della farfalla. Le narici sono segnate da due piccoli fori e sotto di uno di essi si nota una traccia di pigmento rosso, segno del sangue che sgorga dalle narici dello sciamano in stato di trance.
(Figura 9)
Assetto vibrazionale dei siti Megalitici della Sardegna e della Liguria
Salvatore Vacca
Per poter parlare in maniera chiara sulle componenti vibrazionali che identificano i siti megalitici delle due Regioni ,Sardegna e Liguria (per la Liguria specificatamente i siti locati del promontorio del Caprione), è necessario evidenziare il motivo per cui gli stessi siti megalitici sono stati concepiti.
La natura sacra dei siti porta a formulare alcune domande. Perchè i siti sono stati collocati in punti particolari (ricchi di acqua, di emissioni elettromagnetiche, ecc.)? Quale relazione esiste fra sito e sacralità? E’ solo una simbologia sacra, o c’è dell’altro che non riusciamo a interpretare e quindi ci sfugge il senso pieno del loro utilizzo? Quali erano i benefici che i nostri antenati coglievano da questi siti? Perché in tutta la cultura megalitica le figure principali sono la Madre (Grande madre), espressa attraverso l’acqua, ed il Padre espresso con il simbolo fallico?
Nel libro “Misteri della Lunigiana …La Farfalla Dorata…”, scritto dal semiologo Enrico CALZOLARI e dal geologo (qui presente) Davide GORI, viene riportata la seguente frase” lo sciamano accompagnava l’anima nel ritorno all’energia primigenia che ci ha creati e che ci circonda quotidianamente”.
Nella Natura l’uomo ha sempre visto colei che lo animava, e in cui era riposta l’energia primigenia che permetteva a tutte le cose di vivere. E aveva capito anche che il principio maschile ed il principio femminile espressi in natura non potevano essere altro che l’espressione vivente della stessa energia primigenia; poiché niente è vivente che non sia prima in natura primigenia. Quindi se queste energie erano presenti in natura, essendo le energie fondamentali della genesi, potevano essere impiegate per procurare una sorta di rigenerazione fisiologica e, soprattutto, come spinta generatrice nei giovani sposi. Inoltre, avevano capito anche che l’energia primigenia veniva modulata dal variare delle stagioni.
Ora, non tutti i territori sono uguali, quindi si pone il quesito di come poter usufruire di questa energia a seconda del territorio in cui si è collocati. Ed inoltre la crosta terrestre ha sempre subito dei cambiamenti geologici che, nel corso dei tempi, ha creato in alcuni casi dei cambiamenti radicali dell’ambiente. Su questa base ora analizzeremo le diverse configurazioni vibrazionali che distinguono le due Regioni a confronto (Sardegna e Liguria).
Perché l’uomo si è rivolto con sacralità alla natura primigenia? Perché così come la madre ed il padre naturali erano rispettati (per i figli i genitori significavano fonte di sopravvivenza ma anche, e soprattutto, la fonte di conoscenza) ancora di più dovevano essere rispettati (onorati) i genitori primigeni. Questi genitori però non avevano un corpo, potevano solo essere intimamente percepiti attraverso l’energia primigenia che gli identificava. Ecco per cui il senso d’interiorizzazione percettiva porta l’uomo in una condizione di scambio estatico con l’energia primigenia che lo faceva sentire bene e pieno di vigore (chiaramente quanto esposto era patrimonio peculiare di pochi, quelli più interiorizzati che si identificavano negli sciamani). Questi uomini, provvisti di proprietà percettive primigenie, si sono adoperati per far sì che il loro popolo potesse usufruire di quei benefici fisici che l’energia primigenia procurava, in considerazione del fatto che le condizioni di sopravvivenza che l’ambiente imponeva necessitava di persone piene di vigore, sulla cui vigoria si appoggiava tutto il benessere di una famiglia e di una tribù. Quindi la salute veniva avanti a tutto e questo imponeva il principio della prevenzione: un malato si poteva curare, ma mancava comunque come forza lavoro, e questo incideva fortemente sull’efficienza di una famiglia o tribù.
L’intento di questi uomini era quindi quello di far riverberare dell’energia primigenia anche coloro che non erano in grado di percepirla (per percepire s’intende averne coscienza), ma che comunque il corpo assorbiva spontaneamente quando ne veniva a contatto e spontaneamente la esprimeva come incremento di vigoria .
Ecco per cui nascono i centri megalitici, perfetti strumenti di risonanza dell’energia primigenia. La pietra ha la proprietà di amplificare le vibrazioni che la colpiscono ed ecco per cui era possibile far percepire, anche a coloro che non avevano una predisposizione naturale, la vibrazione dell’energia primigenia. I siti megalitici del promontorio del Caprione, dal punto di vista evolutivo dell’utilizzo dell’energia primigenia, si presentano di una preziosità inestimabile: sono l’espressione più spontanea di utilizzo dell’ambiente per riprodurre le vibrazioni primigenie. Quando dico spontanee intendo che non vi sono opere murarie ben definite (infatti questi siti trovano difficoltà ad essere riconosciuti ufficialmente da parte delle Belle Arti perché non considerate come opera dell’uomo). Dal punto di vista utilizzo dell’ambiente, invece, si presentano come un’opera di alto livello vibrazionale, visto che si è modellato ciò cha l’ambiente forniva senza introdurre strutture artificiali se non per integrare quanto già era disponibile e trarre da esso ciò che necessitava. Se uno si trovasse all’improvviso, senza sapere, fra le rocce che identificano questi siti, si guarderebbe intorno stupito di come il tempo ha modellato quelle rocce, traendone nel contempo un senso spontaneo di gradevolezza. Ma ad un occhio attento, non sfuggono quei particolari che, pur essendo similari a quelli naturali, si presentano come modifiche intenzionali dell’uomo. Poi, soprattutto, se uno possiede coscienza percettiva, le vibrazioni che le rocce emanano parlano chiaramente…intervento umano. L’intervento umano produce una vibrazione che interessa il mentale, mentre quelle naturali interessano prevalentemente la corporeità. Il motore di questo sito è stato , all’origine, l’acqua. Le vibrazioni dell’acqua impregnavano le rocce (Dolomie, rocce su base calcarea) infondendogli quell’energia primigenia di natura Madre. Tutto il promontorio era ricchissimo di acqua.
Nel tempo, però, quest’acqua ha cominciato a diminuire e con loro le vibrazioni primigenie.
Da qui, inizia l’opera di accordatura delle rocce per mantenere viva la vibrazione che procurava tanto benessere. Le modifiche successive apportate al sito proponevano, di volta in volta, in base alla diminuzione delle acque, il mantenimento dell’energia primigenia. Chiaramente, questo richiedeva uno sforzo notevole da parte degli sciamani: si perdeva di volta in volta la sintonia con l’energia primigenia, e questo comportava grossi problemi per la comunità. I siti ad oggi risuonano di una vibrazione prettamente fisiologica (prevale la vibrazione della roccia), questo perché le vibrazioni anche se ben modulate, comunque, hanno perso la fonte vibrazionale primigenia che era l’acqua.
Ora vediamo, come si presenta la nostra terra. I siti, collocati sempre in aree particolari riverberanti di vibrazioni primigenie, sono completamente diversi da quelli del Caprione: gli uni sono su base naturale, mentre quelli sardi sono su base artificiale (ben individuabili come opera dell’uomo). Le energie in gioco, però, sono sempre le stesse: la Madre ed il Padre.
La stabilità della terra ha fornito una costante che ha permesso di far giungere sino a noi le stesse energie primigenie di cui beneficiavano i nostri antenati. La costruzione dei siti è prevalentemente basata su due tipi di rocce: quella vulcanica e quella granitica.
Questo tipo di rocce si presentano più stabili dal punto di vista vibrazionale , poiché posseggono una vibrazione propria, impressa dalla realtà che le ha originate (la fusione per le rocce vulcaniche e la pressione per le rocce granitiche). Questa stabilità vibrazionale ha permesso di mantenere inalterate le vibrazioni primigenie in esse impresse, ed ecco per cui il beneficio che ancora oggi si ricava dalle tombe dei giganti.
La vibrazione primigenia era improntata, come è stato detto, sull’interiorizzazione dell’uomo, per meglio coglierla e averne il massimo beneficio. L’interiorizzazione percettiva si identifica con la sacralità ed ecco per cui, se da un canto i siti del Caprione si presentano preziosissimi dal punto di vista Archeologico percettivo, la Sardegna di contro ha mantenuto inalterata l’energia primigenia cioè l’interiorizzazione sacrale. Nei pozzi sacri e tutte le costruzioni di natura sacrale, come le tombe dei giganti, prevale la vibrazione mentale del sacrale che, infondendosi sul corpo porta quest’ultimo a risuonare dell’energia primigenia, con tutti i benefici che ne derivano.
Come popolo ci dobbiamo ritenere fortunati. E non pensiate che tutti questi siti siano rimasti inerti nel tempo, dove ci muoviamo il territorio risuona del senso antico. Tutte le volte che torno a casa, una volta all’anno, mi ricarico le pile (mi riverbera quel timbro di tonicità strutturale che solo in Sardegna si può sentire). L’anno scorso mentre viaggiavo sulla Carlo Felice e ascoltavo le varie vibrazioni dei territori, compresi i paesi, vidi delle persone su un campo che lavoravano. Ci fu un attimo di sbandamento: li sentivo estranei, non perché non li conoscessi, perché non vibravano, ma soprattutto non vibravano della loro terra. Si presentavano come sistemi isolati. Mi venne spontanea questa riflessione: ecco perché il sardo è cambiato! Non chiacchiera più con la sua terra! Quando ero piccolo l’impressione più forte che ricevevo dalle persone era la vigoria; erano caparbi, determinati.
Il Sardo si è allontanato dal senso della sua terra, vuoi perché non abbiamo colto il patrimonio conoscitivo del senso antico con cui i vecchi vivevano la vita, vuoi perché lo stesso lavoro della terra e la vita pastorale è diminuita, e con essi lo scambio vibrazionale tonicizzante.
Ad oggi questo patrimonio può essere ripreso reimparando a percepire le energie primigenie che tanto abbondano nella nostra terra.